Easy Rider

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25-06-07

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Easy Rider

B & W photo of Peter and Dennis (Wyatt and Billy in the film) riding over a bridge side by side

B & W photo of Peter and Dennis (Wyatt and Billy in the film) shot side by side cruising along a desert road

 

Regia

  • Dennis Hopper

Attori

  • Peter Fonda

  • Dennis Hopper

  • Jack Nicholson

Produzione

  • USA

  • 1969

 

La trama

Easy rider è stato il film della generazione “on the road”. Ambientato nella seconda metà degli anni sessanta, racconta del “viaggio” di due giovani, che si recano al carnevale di New Orleans, a bordo delle loro Harley Davidson. I due avventurieri hanno appena comprato in Messico una partita di cocaina, che rivendono poi in California. Avendo nascosto i soldi del loro traffico nei serbatoi delle moto, partono dunque per la loro destinazione

Wyatt e Billy, così si chiamano i protagonisti, vestono per l’occasione i panni di due eroi americani: Buffalo Bill e Capitan America. Giunti al limite della distesa desertica che devono attraversare, Wyatt, dopo aver controllato l’ora, si sbarazza del proprio orologio. Quindi, i due amici iniziano a ritroso il cammino dei pionieri americani: non più da est verso ovest, ma da ovest ad est.
Al tramonto, quando giungono nei pressi di un motel, devono constatare che il viaggio non sarà però molto confortevole. Tanto per cominciare, il padrone dell’ostello rifiuta loro l’ospitalità, così che sono costretti a dormire per strada. Davanti al fuoco del loro accampamento notturno, i due consumano qualche sigaretta di marijuana, che li aiuterà a riposare tranquilli.
Nuovamente in viaggio, l’indomani sono costretti a fermarsi ad un ranch. Devono riparare una moto e chiedono gli attrezzi al padrone, che poi li invita a pranzo con la sua famiglia. Il contrasto tra i pionieri del vecchio west ed i due giovani avventurieri è stridente: mentre il proprietario del ranch ferra lo zoccolo di un cavallo, che si innervosisce per la presenza delle moto, vediamo che i due giovani hanno invece a che fare con gli ingranaggi di una ruota del loro chopper.

Lasciato il ranch, i due amici incontrano sul loro cammino uno strano individuo, che chiede loro un passaggio. Wyatt lo carica sulla propria moto e, a sera, sono di nuovo davanti a un fuoco a fumare marijuana ed a discorrere del più e del meno, fino a quando non si addormentano. L’indomani riprendono il viaggio e l’uomo che hanno raccolto per strada li conduce alla comune hippie presso cui risiede. Wyatt fa qui amicizia con una ragazza e vorrebbe quasi restare, ma il carnevale di New Orleans si terrà a meno di una settimana. Dopo essere rimasti per un po’ con i membri della comune, Wyatt e Billy riprendono il viaggio. Prima che se ne vadano, l’uomo a cui avevano dato un passaggio con la moto regala a Wyatt un una tavoletta di Lsd. Gli dice che quando si troverà nel luogo giusto e con le persone giuste dovrà dividerlo con loro. Forse, aggiunge, il luogo giusto potrebbe essere questo, ci deve pensare bene, perché il tempo se ne sta andando. Ma Wyatt decide infine di partire per il carnevale di New Orleans.

Arrivati in una città dove si sta svolgendo una parata, vengono a trovarsi proprio in mezzo al corteo, e così sono arrestati per avere disturbato la manifestazione. In cella, fanno la conoscenza dell’avvocato George Hanson, arrestato per ubriachezza. Il giovane legale appartiene a una prestigiosa famiglia del luogo e le guardie lo trattano con premura e cortesia. Grazie al suo brillante “patrocinio”, Wyatt e Billy riacquistano la propria libertà in cambio di una congrua cauzione, mentre George si compra, con una mancia, il silenzio delle guardie nei confronti della propria famiglia.
Finalmente liberi, i tre si ritrovano per strada a parlare. George dimostra molto interesse per il progetto dei due amici di recarsi al
carnevale di New Orleans. Anche lui ha pensato diverse volte di andarci, ma è solo riuscito a varcare il confine dello Stato. L’idea, però, lo attira molto. Infatti, nel portafoglio conserva l’indirizzo di un locale di New Orleans, che gli è stato consigliato personalmente dal governatore della Louisiana: in questo locale non si vende mica carne di porco, afferma l’avvocato, è carne di prima scelta quella che c’è lì dentro.

Dopo un breve scambio di battute, George decide di seguire i due amici. Per affrontare il viaggio, l’unica cosa che gli serve è un casco, e c’è l’ha: è il suo casco da football. Con quel ridicolo copricapo, si aggrega dunque alla compagnia. A sera, davanti al fuoco del loro accampamento, Wyatt e Billy iniziano il loro compagno al fumo di marijuana. Dopo le prime boccate, George si lascia andare ed espone agli amici la sua opinione sugli extraterrestri. E’ vero!, gli extraterrestri esistono, sono arrivati sulla terra a bordo degli Ufo, e appena due settimane fa lui stesso ne ha visti a decine di questi oggetti non identificati. Gli extraterrestri Vengono dal pianeta Venere ed appartengono ad una civiltà molto evoluta. Sul loro pianeta non ci sono guerre, non hanno un sistema monetario e non ci sono capi, perché ciascuno di loro è un capo e basta a se stesso. Grazie alle conoscenze tecnologiche che hanno sviluppato, non gli manca nulla; per mangiare, vestire, abitare o viaggiare, ciascuno riesce a fare tutto senza il minimo sforzo. Sono sbarcati sulla terra per portare la loro civiltà anche agli esseri umani, e sulla terra vivono e lavorano accanto agli esseri umani, senza distinguersi in nulla da questi ultimi. I leader politici sanno tutto questo, ma lo vogliono tenere nascosto, perché se la gente lo venisse a sapere, ciò sarebbe un tremendo choc e causerebbe disastri. E’ per questo motivo che gli extraterresti hanno deciso di prendere contatto coi singoli individui di tutte…le classi sociali… Ripreso il viaggio, la mattina seguente si fermano al bar di un piccolo villaggio rurale, dove la loro presenza attira subito l’attenzione degli avventori. Alcune ragazze, attratte dalle motociclette e dal fascino dei tre avventurieri, vorrebbe fare la loro conoscenza. Al contrario, un gruppo di benpensanti comincia a fare ad alta voce delle pesanti battute sul loro aspetto, così che, dopo avere atteso inutilmente di poter ordinare qualcosa, i tre amici sono costretti a lasciare il locale.

A sera, davanti al fuoco del loro accampamento, Billy e George si mettono a discutere. Secondo George, l’America, un tempo, era proprio un bel paese, ma poi qualcosa è andato storto. Billy non è d’accordo: la gente ha paura di quelli come loro e pensa che quelli come loro hanno bisogno di tagliarsi i capelli. Ma George gli replica che non è così. La gente ha paura, ma non a causa del loro aspetto. Ha paura di ciò che rappresentano. Ha paura della libertà. Perché ciò che loro rappresentano è appunto questo: la libertà. Billy non capisce: cosa c’è di male nella libertà? Di male non c’è nulla, secondo George c’è solo questo: un conto è parlare di libertà come fanno tutti, e un altro è essere veramente liberi; sono due cose diverse. E’ difficile essere davvero liberi quando ogni giorno ti vendono e ti comprano al mercato… E, naturalmente, non devi dire a nessuno che non è libero, perché se ne avrebbe a male e per dimostrarti il contrario sarebbe capace di farti fuori. Così, la gente continua a parlare della famigerata libertà individuale, ma quando vede qualcuno che è veramente libero, allora, ha paura. A notte fonda, quando stanno dormendo nei loro sacchi a pelo, un gruppo di uomini li aggredisce, massacrandoli di botte con delle mazze da baseball. E, purtroppo, George muore.

Giunti al carnevale di New Orleans, Wyatt e Billy decidono di onorare la memoria di George, e perciò si recano nel locale di cui egli aveva gelosamente conservato l’indirizzo. Qui, dopo aver pagato per incontrarsi con due prostitute, si avviano assieme alle ragazze per le strade della città in festa. Giunti ad un cimitero della periferia, vi entrano e consumano la tavoletta di Lsd che era stata regalata a Wyatt…

 

 

…E nella sovrapposizione psichedelica di immagini, voci, luci e colori attraversano, in una comune esperienza, quelle che Aldus Huxley chiamerebbe “le porte della percezione”. Wyatt appare come il Cristo della pietà di Michelangelo. Tra le braccia di una statua di marmo del camposanto, che rappresenta l’antitesi della Statua della Libertà, si lamenta ed invoca la madre a voce alta: “Come hai potuto farti odiare tanto”, dice riferendosi a sua madre, apparentemente come metafora dell’America, “quanto ti odio, se sapessi quanto ti odio …”. E, ancora, abbracciato a sua volta alla statua: ”tienimi la mano mamma … non mi hai mai amato … fa che io ti ami …quanto ti odio …Io ti amavo …Io ti amavo …e tu sei così stupida mamma … e io ti odio tanto”. Mary, una delle due prostitute ripete con voce di fanciulla il Credo cristiano: Credo in Dio Padre, Onnipotente, Creatore del cielo e della terra …fu crocefisso, morì e fu sepolto; discese all’ inferno, il terzo giorno resuscitò dai morti, ascese al cielo, siede alla destra del Padre … Credo in Dio, Padre onnipotente…e in Gesù Cristo, Suo unico figlio, Nostro Signore … Nato dalla Vergine Maria … Gloria al Padre e al Figlio suo Gesù … Ave Maria piena di grazia … sii benedetta tra le donne e benedetto sia il frutto del seno tuo, Gesù … Billy, invece, si riscopre pieno di luce: “sono pieno di luce guarda …guarda siamo tutti pieni di luce …luce …luce”. E Karen, la prostituta che sta con lui, ripete: “Lo so io ti conosco … Io ti conosco … Io sento l’esterno ma non riesco a sentire l’interno …sto morendo …sto morendo … adesso muoio …sono morta non capisci … o Dio aiutami a concepire un figlio … sono qui fuori … sono qui fuori di me …ho concepito … o ti prego, Signore, fammi uscire di qui …lo sai cosa voglio dire …”. Di nuovo sulle loro motociclette, i due amici hanno raggiunto la Florida. Ancora una volta davanti al fuoco del loro accampamento, Billy dice soddisfatto a Wyatt: “Siamo ricchi…”. Ma quello, invece, gli replica: “Siamo fregati”. Billy non riesce a capire: quando uno è pieno di soldi è libero … Ma quello ripete: “ … fregati”.

Il giorno seguente, mentre percorrono una strada di provincia gli si avvicina un piccolo camion con a bordo due uomini, che cominciano a denigrarli per i loro capelli. L’uomo accanto al guidatore afferra un fucile con l’intenzione di spaventare Billy, che procede tranquillo per la sua strada. Gli parte un colpo e Billy rimane ferito ai margini della carreggiata. Wyatt cerca di soccorrerlo, poi inforca la motocicletta per vedere se riesce a trovare aiuto. Nel frattempo, i due feritori ritornano indietro, preoccupati per quello che hanno combinato. Quando li vede, Wyatt punta dritto su di loro come un kamikaze, una particella di antimateria: l’abitacolo del camioncino esplode, e la moto rimbalza finendo per incendiarsi in mezzo ai campi.

Easy rider è, in gergo, colui che si fa mantenere dalle prostitute, un titolo polemico, nello stile del contenuto del film, che viaggia sul registro della critica al conformismo della società americana degli anni sessanta. Ma Easy rider è anche la constatazione del fallimento sul piano pratico delle culture alternative: la comune hippie che i due protagonisti incontrano sul loro cammino sopravvive a stento e l’esito del “viaggio” a base di Lsd costituisce l’approdo ad un pessimismo di matrice neognostica.
Dietro le concezioni ufologiche di George e la cultura degli allucinogeni, che rivela a Billy la sua “luminosità”, ciò che fa capolino è appunto il messaggio di una moderna gnosi. Chi sono i due protagonisti? Degli extraterrestri venuti a portare la loro civiltà sulla terra? O più semplicemente delle luci pneumatiche, degli angeli, come indica appunto il loro luogo di provenienza: Los Angeles? La risposta non ha importanza, sono l’una e l’altra cosa.
Wyatt e Billy presentano soltanto un’immagine fittizia, la maschera di due personaggi famosi, Capitan America e Buffalo Bill, che ripetono l’eterna commedia del mito gnostico. Dopo aver gettato dietro di sé il tempo, che è una creazione del dio malvagio, i due si avviano verso il destino del proprio carnevale, inteso nel senso etimologico della parola, come “carne vale” (“addio alla carne”, cioè, nel loro caso, all’incarnazione). Il viaggio nella direzione opposta alla frontiera dei pionieri americani, ai confini del mondo, anche se può cogliersi ancora una volta come elemento polemico nei confronti della società americana, rappresenta soprattutto un ritorno alla propria libera essenza spirituale, in contrapposizione al principio ilico, femminile e materno (la madre di Wyatt, che in un certo senso è anche l’America, è “stupida” perché la materia è priva di luce e non possiede la conoscenza).
Allo stesso modo di Simon Mago, Wyatt e Billy incontrano in un bordello la loro Elena, simbolo della prostituzione dell’anima alle potenze e alle passioni del mondo. Così, insieme al loro doppio femminile, rivivono nel cimitero il dramma della creazione di un mondo.
Piegata al senso di una cristologia gnostica, la preghiera cristiana invoca l’avvento di un Salvatore (un Soter), che liberi l’anima dalla prostituzione della carne. La libertà che i due protagonisti di Easy rider stanno cercando non appartiene perciò a questo mondo. Che il danaro rende liberi non è vero. Lo comprende benissimo Wyatt, che ha conseguito la gnosi, la conoscenza: “…Siamo fregati”, obbietta all’amico, alludendo al fatto che ora sono davvero prigionieri di questo mondo.
Il suicidio di Wyatt al termine del film, non è una vendetta, ma più semplicemente un “uscire dal mondo”… e magari la fuga di una generazione che di fronte a un mondo che non è il migliore dei mondi possibili si è rifugiata nei “paradisi artificiali”.

Gianfranco Massetti

 RECESIONE

EASY RIDER (USA, 1969). Regia di Dennis Hopper. Interpreti: Peter Fonda (Wyatt -Captain America)), Dennis Hopper (Billy), Jack Nicholson (George Hanson), Antonio Mendoza (Jesus), Phil Spector (Connection), Sandy Wyeth (Joanne); scritto da Peter Fonda, Dennis Hopper e Terry Southern.

EASY RIDER

Cerchiamo di mettere subito le cose in chiaro: Easy Rider, cinematograficamente parlando, non e' una pellicola particolarmente memorabile: i pregi vanno ricercati altrove: nello stile, ad esempio, oltreche' nel manifesto trasgressivo e vagamente decadente di cui il film diretto da Dennis Hopper si fa carico dall'inizio alla fine. Easy Rider, analizzato da una mente lucida e razionale, si rivela essere il calvario di due motociclisti in cerca della liberta', una liberta' accompagnata (e' il 1969, in fin dei conti) da fittissime utopie che poi si dimostreranno irrealizzabili a causa di una societa' eccessivamente perbenista e tradita da vergognose forme di pregiudizio. Il ritmo e' incostante, a tratti balbuziente e scollacciato: si avra', come immagine finale, un prodotto cinematografico incerto, titubante, senza ombra di dubbio ossessionato piu' dal concetto di "trip psichedelico" che dalla consistenza e linearita' nelle trame proposte dai due avventurosi registi. Appare quindi sin troppo chiaro che lo scopo principale di Dennis Hopper (il vero ideatore e propugnatore di questo coraggiosissimo atto d'amore verso la liberta' intesa nel senso piu' estremo del termine) non e' nell'essenza bensi' nella forma della sua pellicola: poco importa se il filo conduttore non viene quasi mai compiutamente focalizzato: il fulcro ed ideale epicentro di Easy Rider e' la spiazzante iconografia del drammatico esistenzialismo hippie di Wyatt e Billy, vincolati fraternamente ed all’unisono diretti verso la Terra Promessa, un luogo di pace dove la speranza non muore mai ed all’interno del quale i nostri due ambasciatori della pace potranno coltivare in piena autonomia i loro “sconvolgenti” ideali. Si tratta di una lunga, sofferta battaglia contro il bieco, assurdo puritanesimo imperante in un’America gia’ sperimentante i primi vagiti di uno smarrimento di valori in parte dovuto anche alla difficilissima, precaria situazione politica diretta conseguenza delle costantemente crescenti morti di migliaia di giovani in Vietnam. Easy Rider viene “vomitato” sullo spettatore con la stessa veemenza di un’assordante protesta in marcia lungo strade macchiate di sangue e lacrimogeni, ma non solo: Easy Rider ha imposto per la prima e unica volta il “bikers/motorcycle movie”, ovvero “The Hardley Davidson Movie” par excellence. Peter Fonda e Dennis Hopper sono due motociclisti in rotta di collisione con la gente comune incontrata lungo il loro tortuoso, drammatico percorso: l’indifferenza, quando non la rabbia cieca di un popolo ignorante e stolto, e’ solita scagliarsi sui due inossidabili bikers come se si trattasse di untori portatori di peste, morte e malattia.
La conclusione e’ quanto di piu’ amaro si possa vedere al Cinema: un sogno a lungo accarezzato, a tratti tenacemente inseguito, ora trucidamente spezzato, ucciso, annichilito: cosi’ come vengono trucidati ed annichiliti Billy e Wyatt: una morte “on the road” che chiude definitivamente il cerchio di una vita alla rincorsa di ideali frustrati, terribilmente stuprati dalle ideologie troppo comuni di un popolo troppo comune.

Le due moto vanno in fiamme, ma e’ una tutta generazione che, istantaneamente, brucia, alle porte di un decennio incerto e politicamente, socialmente ancora piu’ instabile del precedente: muoiono gli anni ’60, morte legittimata dall’assassinio del nero Meredith Hunter durante l’infausto concerto dei Rolling Stones all’Altamont Speedway, il 6 Dicembre 1969 (durante l’esecuzione di Under My Thumb e non di Sympathy for the Devil, come molti, oramai tutti, credono…).
Se Woodstock aveva rappresentato il punto piu’ alto (ma al contempo definitivo ed irripetibile) della filosofia hippie, Easy Rider, prima, ed Altamont poi, ne avrebbero decretato la parabola discendente e conseguente simbolico decesso.
Infine, la tanto decantata colonna sonora: una colonna sonora riuscita a meta’: a parte l’irruento, memorabilissimo trittico iniziale (The Pusher e Born to be Wild degli Steppenwolf e The Weight della Band ma stupendamente coverizzata dai misconosciuti SMITH) e THE BALLAD OF EASY RIDER (ROGER McGUINN) e IF SIX WAS NINE (JIMI HENDRIX EXPERIENCE), il resto, se non accompagnato dalle immagini del film, appare pesantemente fiacco e per nulla raccomandabile: bozzetti senz’anima per composizioni mediocri lontane anni-luce dalle sopra-menzionate tracce, soprattutto in considerazione del fatto che, se potevano solo vagamente funzionare nel contesto (“caldo” e rivoluzionario, provocatorio) dell’opera di Dennis Hopper, oggi tali scelte musicali apparirebbero ultra-datate e, francamente, difficilmente digeribili.
Attestato cio’, ora potro’ fare un sano salto indietro nel tempo, al fine di ricongiungermi al contenuto, sofferto romanticismo di Rick Blaine / Humphrey Bogart ed alla sua impossibile storia d’amore con la magnetica, inarrivabile Ilsa Lund Slaszlo / Ingrid Bergman, in un noto nightclub marocchino…. E… per chiunque non l’abbia ancora capito, l’anno era il 1942 e la pellicola (implicitamente citata) una certa… “CASABLANCA”…
In fondo… romantico io son…

 

 

 

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Ultimo aggiornamento:  23-01-06