Easy rider
è stato il film della generazione “on the road”.
Ambientato nella seconda metà degli anni sessanta, racconta del
“viaggio” di due giovani, che si recano al carnevale di New Orleans,
a bordo delle loro Harley Davidson.
I due avventurieri hanno appena comprato in Messico una partita di
cocaina, che rivendono poi in California. Avendo nascosto i soldi del
loro traffico nei serbatoi delle moto, partono dunque per la loro
destinazione
Wyatt e
Billy, così si chiamano i
protagonisti, vestono per l’occasione i panni di due eroi americani:
Buffalo Bill e Capitan America. Giunti al limite della
distesa desertica che devono attraversare, Wyatt, dopo aver controllato
l’ora, si sbarazza del proprio orologio. Quindi, i due amici iniziano a
ritroso il cammino dei pionieri americani: non più da est verso ovest,
ma da ovest ad est.
Al tramonto, quando giungono nei pressi di un motel, devono constatare
che il viaggio non sarà però molto confortevole. Tanto per cominciare,
il padrone dell’ostello rifiuta loro l’ospitalità, così che sono
costretti a dormire per strada. Davanti al fuoco del loro accampamento
notturno, i due consumano qualche sigaretta di marijuana, che li aiuterà
a riposare tranquilli.
Nuovamente in viaggio, l’indomani sono costretti a fermarsi ad un ranch.
Devono riparare una moto e chiedono gli attrezzi al padrone, che poi li
invita a pranzo con la sua famiglia. Il contrasto tra i pionieri del
vecchio west ed i due giovani avventurieri è stridente: mentre il
proprietario del ranch ferra lo zoccolo di un cavallo, che si
innervosisce per la presenza delle moto, vediamo che i due giovani hanno
invece a che fare con gli ingranaggi di una ruota del loro chopper.
Lasciato il ranch, i due amici
incontrano sul loro cammino uno strano individuo, che chiede loro un
passaggio. Wyatt lo carica sulla propria moto e, a sera, sono di nuovo
davanti a un fuoco a fumare marijuana ed a discorrere del più e del
meno, fino a quando non si addormentano. L’indomani riprendono il
viaggio e l’uomo che hanno raccolto per strada li conduce alla comune
hippie presso cui risiede. Wyatt fa qui amicizia con una ragazza e
vorrebbe quasi restare, ma il carnevale di New Orleans
si terrà a meno di una settimana. Dopo essere rimasti per un po’ con i
membri della comune, Wyatt e Billy
riprendono il viaggio. Prima che se ne vadano, l’uomo a cui avevano dato
un passaggio con la moto regala a Wyatt un una tavoletta di Lsd. Gli
dice che quando si troverà nel luogo giusto e con le persone giuste
dovrà dividerlo con loro. Forse, aggiunge, il luogo giusto potrebbe
essere questo, ci deve pensare bene, perché il tempo se ne sta andando.
Ma Wyatt decide infine di partire per il carnevale di New Orleans.
Arrivati in
una città dove si sta svolgendo una parata, vengono a trovarsi proprio
in mezzo al corteo, e così sono arrestati per avere disturbato la
manifestazione. In cella, fanno la conoscenza dell’avvocato George Hanson,
arrestato per ubriachezza. Il giovane legale appartiene a una
prestigiosa famiglia del luogo e le guardie lo trattano con premura e
cortesia. Grazie al suo brillante “patrocinio”, Wyatt e Billy
riacquistano la propria libertà in cambio di una congrua cauzione,
mentre George si compra, con una mancia, il silenzio delle guardie nei
confronti della propria famiglia.
Finalmente liberi, i tre si ritrovano per strada a parlare. George
dimostra molto interesse per il progetto dei due amici di recarsi al
carnevale di New Orleans.
Anche lui ha pensato diverse volte di andarci, ma è solo riuscito a
varcare il confine dello Stato. L’idea, però, lo attira molto. Infatti,
nel portafoglio conserva l’indirizzo di un locale di New Orleans, che
gli è stato consigliato personalmente dal governatore della Louisiana:
in questo locale non si vende mica carne di porco, afferma l’avvocato, è
carne di prima scelta quella che c’è lì dentro.
Dopo
un breve scambio di battute, George decide di seguire i due amici. Per
affrontare il viaggio, l’unica cosa che gli serve è un casco, e c’è
l’ha: è il suo
casco da football.
Con quel ridicolo copricapo, si aggrega dunque alla compagnia. A sera,
davanti al fuoco del loro accampamento, Wyatt e Billy iniziano il loro
compagno al fumo di
marijuana.
Dopo le prime boccate, George si lascia andare ed espone agli amici la
sua opinione sugli extraterrestri. E’ vero!, gli extraterrestri
esistono, sono arrivati sulla terra a bordo degli Ufo, e appena due
settimane fa lui stesso ne ha visti a decine di questi oggetti non
identificati. Gli extraterrestri Vengono dal pianeta Venere ed
appartengono ad una civiltà molto evoluta. Sul loro pianeta non ci sono
guerre, non hanno un sistema monetario e non ci sono capi, perché
ciascuno di loro è un capo e basta a se stesso. Grazie alle conoscenze
tecnologiche che hanno sviluppato, non gli manca nulla; per mangiare,
vestire, abitare o viaggiare, ciascuno riesce a fare tutto senza il
minimo sforzo. Sono sbarcati sulla terra per portare la loro civiltà
anche agli esseri umani, e sulla terra vivono e lavorano accanto agli
esseri umani, senza distinguersi in nulla da questi ultimi. I leader
politici sanno tutto questo, ma lo vogliono tenere nascosto, perché se
la gente lo venisse a sapere, ciò sarebbe un tremendo choc e causerebbe
disastri. E’ per questo motivo che gli extraterresti hanno deciso di
prendere contatto coi singoli individui di tutte…le classi sociali…
Ripreso il viaggio, la mattina seguente si fermano al bar di un piccolo
villaggio rurale, dove la loro presenza attira subito l’attenzione degli
avventori. Alcune ragazze, attratte dalle motociclette e dal fascino dei
tre avventurieri, vorrebbe fare la loro conoscenza. Al contrario, un
gruppo di benpensanti comincia a fare ad alta voce delle pesanti battute
sul loro aspetto, così che, dopo avere atteso inutilmente di poter
ordinare qualcosa, i tre amici sono costretti a lasciare il locale.
A sera,
davanti al fuoco del loro accampamento, Billy e George si mettono a
discutere. Secondo George, l’America, un tempo, era proprio un bel
paese, ma poi qualcosa è andato storto. Billy non è d’accordo: la gente
ha paura di quelli come loro e pensa che quelli come loro hanno bisogno
di tagliarsi i capelli. Ma George gli replica che non è così. La gente
ha paura, ma non a causa del loro aspetto. Ha paura di ciò che
rappresentano. Ha paura della libertà. Perché ciò che loro rappresentano
è appunto questo: la libertà. Billy non capisce: cosa c’è di male nella
libertà? Di male non c’è nulla, secondo George c’è solo questo: un conto
è parlare di libertà come fanno tutti, e un altro è essere veramente
liberi; sono due cose diverse. E’ difficile essere davvero liberi quando
ogni giorno ti vendono e ti comprano al mercato… E, naturalmente, non
devi dire a nessuno che non è libero, perché se ne avrebbe a male e per
dimostrarti il contrario sarebbe capace di farti fuori. Così, la gente
continua a parlare della famigerata libertà individuale, ma quando vede
qualcuno che è veramente libero, allora, ha paura. A notte fonda, quando
stanno dormendo nei loro sacchi a pelo, un gruppo di uomini li
aggredisce, massacrandoli di botte con delle mazze da baseball. E,
purtroppo, George muore.
Giunti
al
carnevale di New Orleans,
Wyatt e Billy decidono di onorare la memoria di George, e perciò si
recano nel locale di cui egli aveva gelosamente conservato l’indirizzo.
Qui, dopo aver pagato per incontrarsi con due prostitute, si avviano
assieme alle ragazze per le strade della città in festa. Giunti ad un
cimitero della periferia, vi entrano e consumano
la tavoletta di Lsd
che era stata regalata a Wyatt…
…E nella
sovrapposizione psichedelica di immagini, voci, luci e colori
attraversano, in una comune esperienza, quelle che
Aldus Huxley
chiamerebbe “le
porte della percezione”.
Wyatt appare come il Cristo della pietà di
Michelangelo.
Tra le braccia di una statua di marmo del camposanto, che rappresenta
l’antitesi della Statua della Libertà,
si lamenta ed invoca la madre a voce alta: “Come hai potuto farti odiare
tanto”, dice riferendosi a sua madre, apparentemente come
metafora dell’America, “quanto ti odio, se sapessi quanto ti odio …”. E,
ancora, abbracciato a sua volta alla statua: ”tienimi la mano mamma …
non mi hai mai amato … fa che io ti ami …quanto ti odio …Io ti amavo …Io
ti amavo …e tu sei così stupida mamma … e io ti odio tanto”. Mary, una
delle due prostitute ripete con voce di fanciulla il Credo cristiano:
Credo in Dio Padre, Onnipotente, Creatore del cielo e della terra …fu
crocefisso, morì e fu sepolto; discese all’ inferno, il terzo giorno
resuscitò dai morti, ascese al cielo, siede alla destra del Padre …
Credo in Dio, Padre onnipotente…e in Gesù Cristo, Suo unico figlio,
Nostro Signore … Nato dalla Vergine Maria … Gloria al Padre e al Figlio
suo Gesù … Ave Maria piena di grazia … sii benedetta tra le donne e
benedetto sia il frutto del seno tuo, Gesù … Billy, invece, si riscopre
pieno di luce: “sono pieno di luce guarda …guarda siamo tutti pieni di
luce …luce …luce”. E Karen, la prostituta che sta con lui, ripete: “Lo
so io ti conosco … Io ti conosco … Io sento l’esterno ma non riesco a
sentire l’interno …sto morendo …sto morendo … adesso muoio …sono morta
non capisci … o Dio aiutami a concepire un figlio … sono qui fuori …
sono qui fuori di me …ho concepito … o ti prego, Signore, fammi uscire
di qui …lo sai cosa voglio dire …”. Di nuovo sulle loro motociclette, i
due amici hanno raggiunto la Florida. Ancora una volta davanti al fuoco
del loro accampamento, Billy dice soddisfatto a Wyatt: “Siamo ricchi…”.
Ma quello, invece, gli replica: “Siamo fregati”. Billy non riesce a
capire: quando uno è pieno di soldi è libero … Ma quello ripete: “ …
fregati”.
Il
giorno seguente, mentre percorrono una strada di provincia gli si
avvicina un piccolo camion con a bordo due uomini, che cominciano a
denigrarli per i loro capelli. L’uomo accanto al guidatore afferra un
fucile con l’intenzione di spaventare Billy, che procede tranquillo per
la sua strada. Gli parte un colpo e Billy rimane ferito ai margini della
carreggiata. Wyatt cerca di soccorrerlo, poi inforca la motocicletta per
vedere se riesce a trovare aiuto. Nel frattempo, i due feritori
ritornano indietro, preoccupati per quello che hanno combinato. Quando
li vede, Wyatt punta dritto su di loro come un kamikaze, una particella
di antimateria: l’abitacolo del camioncino esplode, e la moto rimbalza
finendo per incendiarsi in mezzo ai campi.
Easy rider
è, in gergo, colui che si fa mantenere dalle prostitute, un titolo
polemico, nello stile del contenuto del film, che viaggia sul registro
della critica al conformismo della società americana degli anni
sessanta. Ma Easy rider è
anche la constatazione del fallimento sul piano pratico delle culture
alternative: la comune hippie che i due protagonisti incontrano sul loro
cammino sopravvive a stento e l’esito del “viaggio” a base di Lsd
costituisce l’approdo ad un pessimismo di matrice neognostica.
Dietro le concezioni ufologiche di George e la cultura degli
allucinogeni, che rivela a Billy la sua “luminosità”, ciò che fa
capolino è appunto il messaggio di una moderna gnosi. Chi sono i due
protagonisti? Degli extraterrestri venuti a portare la loro civiltà
sulla terra? O più semplicemente delle luci pneumatiche, degli angeli,
come indica appunto il loro luogo di provenienza: Los Angeles? La
risposta non ha importanza, sono l’una e l’altra cosa.
Wyatt e Billy presentano soltanto un’immagine fittizia, la
maschera di due personaggi famosi, Capitan America e Buffalo
Bill, che ripetono l’eterna commedia del mito gnostico.
Dopo aver gettato dietro di sé il tempo, che è una creazione del dio
malvagio, i due si avviano verso il destino del proprio carnevale,
inteso nel senso etimologico della parola, come “carne vale” (“addio
alla carne”, cioè, nel loro caso, all’incarnazione). Il
viaggio nella direzione opposta alla frontiera dei pionieri americani,
ai confini del mondo, anche se può cogliersi ancora una volta come
elemento polemico nei confronti della società americana, rappresenta
soprattutto un ritorno alla propria libera essenza spirituale, in
contrapposizione al principio ilico, femminile e materno (la madre di
Wyatt, che in un certo senso è anche l’America, è “stupida” perché la
materia è priva di luce e non possiede la conoscenza).
Allo stesso modo di Simon Mago,
Wyatt e Billy incontrano in un bordello la loro Elena, simbolo della
prostituzione dell’anima alle potenze e alle passioni del mondo. Così,
insieme al loro doppio femminile, rivivono nel cimitero il dramma della
creazione di un mondo.
Piegata al senso di una cristologia gnostica, la preghiera cristiana
invoca l’avvento di un Salvatore (un
Soter), che liberi l’anima dalla prostituzione della carne. La libertà
che i due protagonisti di Easy rider
stanno cercando non appartiene perciò a questo mondo. Che il danaro
rende liberi non è vero. Lo comprende benissimo Wyatt, che ha conseguito
la gnosi, la conoscenza: “…Siamo fregati”, obbietta all’amico, alludendo
al fatto che ora sono davvero prigionieri di questo mondo.
Il suicidio di Wyatt al termine del film, non è una vendetta, ma più
semplicemente un “uscire
dal mondo”… e magari la fuga di una generazione che di
fronte a un mondo che non è il migliore dei mondi possibili si è
rifugiata nei “paradisi
artificiali”.
Gianfranco Massetti
RECESIONE
EASY RIDER
(USA, 1969). Regia di Dennis Hopper. Interpreti: Peter Fonda
(Wyatt -Captain America)), Dennis Hopper (Billy), Jack Nicholson (George
Hanson), Antonio Mendoza (Jesus), Phil Spector (Connection), Sandy Wyeth
(Joanne); scritto da Peter Fonda, Dennis Hopper e Terry Southern. EASY
RIDER
Cerchiamo di mettere subito le cose in chiaro: Easy Rider,
cinematograficamente parlando, non e' una pellicola particolarmente
memorabile: i pregi vanno ricercati altrove: nello stile, ad esempio,
oltreche' nel manifesto trasgressivo e vagamente decadente di cui il
film diretto da Dennis Hopper si fa carico dall'inizio alla fine.
Easy Rider, analizzato da una mente lucida e razionale, si rivela
essere il calvario di due motociclisti in cerca della liberta', una
liberta' accompagnata (e' il 1969, in fin dei conti) da fittissime
utopie che poi si dimostreranno irrealizzabili a causa di una societa'
eccessivamente perbenista e tradita da vergognose forme di pregiudizio.
Il ritmo e' incostante, a tratti balbuziente e scollacciato: si avra',
come immagine finale, un prodotto cinematografico incerto, titubante,
senza ombra di dubbio ossessionato piu' dal concetto di "trip
psichedelico" che dalla consistenza e linearita' nelle trame proposte
dai due avventurosi registi. Appare quindi sin troppo chiaro che lo
scopo principale di Dennis Hopper (il vero ideatore e
propugnatore di questo coraggiosissimo atto d'amore verso la liberta'
intesa nel senso piu' estremo del termine) non e' nell'essenza bensi'
nella forma della sua pellicola: poco importa se il filo conduttore non
viene quasi mai compiutamente focalizzato: il fulcro ed ideale epicentro
di Easy Rider e' la spiazzante iconografia del drammatico
esistenzialismo hippie di Wyatt e Billy, vincolati fraternamente ed
all’unisono diretti verso la Terra Promessa, un luogo di pace dove la
speranza non muore mai ed all’interno del quale i nostri due
ambasciatori della pace potranno coltivare in piena autonomia i loro
“sconvolgenti” ideali. Si tratta di una lunga, sofferta battaglia contro
il bieco, assurdo puritanesimo imperante in un’America gia’
sperimentante i primi vagiti di uno smarrimento di valori in parte
dovuto anche alla difficilissima, precaria situazione politica diretta
conseguenza delle costantemente crescenti morti di migliaia di giovani
in Vietnam. Easy Rider viene “vomitato” sullo spettatore con la
stessa veemenza di un’assordante protesta in marcia lungo strade
macchiate di sangue e lacrimogeni, ma non solo: Easy Rider ha
imposto per la prima e unica volta il “bikers/motorcycle movie”, ovvero
“The Hardley Davidson Movie” par excellence. Peter Fonda e
Dennis Hopper sono due motociclisti in rotta di collisione con la
gente comune incontrata lungo il loro tortuoso, drammatico percorso:
l’indifferenza, quando non la rabbia cieca di un popolo ignorante e
stolto, e’ solita scagliarsi sui due inossidabili bikers come se si
trattasse di untori portatori di peste, morte e malattia.
La conclusione e’ quanto di piu’ amaro si possa vedere al Cinema: un
sogno a lungo accarezzato, a tratti tenacemente inseguito, ora
trucidamente spezzato, ucciso, annichilito: cosi’ come vengono trucidati
ed annichiliti Billy e Wyatt: una morte “on the road” che chiude
definitivamente il cerchio di una vita alla rincorsa di ideali
frustrati, terribilmente stuprati dalle ideologie troppo comuni di un
popolo troppo comune.
Le due moto vanno in fiamme, ma e’ una tutta generazione che,
istantaneamente, brucia, alle porte di un decennio incerto e
politicamente, socialmente ancora piu’ instabile del precedente: muoiono
gli anni ’60, morte legittimata dall’assassinio del nero Meredith
Hunter durante l’infausto concerto dei Rolling Stones all’Altamont
Speedway, il 6 Dicembre 1969 (durante l’esecuzione di Under My
Thumb e non di Sympathy for the Devil, come molti, oramai
tutti, credono…).
Se Woodstock aveva rappresentato il punto piu’ alto (ma al
contempo definitivo ed irripetibile) della filosofia hippie,
Easy Rider, prima, ed Altamont poi, ne avrebbero decretato la
parabola discendente e conseguente simbolico decesso.
Infine, la tanto decantata colonna sonora: una colonna sonora riuscita a
meta’: a parte l’irruento, memorabilissimo trittico iniziale (The
Pusher e Born to be Wild degli Steppenwolf e The
Weight della Band ma stupendamente coverizzata dai
misconosciuti SMITH) e THE BALLAD OF EASY RIDER (ROGER McGUINN)
e IF SIX WAS NINE (JIMI HENDRIX EXPERIENCE), il resto, se
non accompagnato dalle immagini del film, appare pesantemente fiacco e
per nulla raccomandabile: bozzetti senz’anima per composizioni mediocri
lontane anni-luce dalle sopra-menzionate tracce, soprattutto in
considerazione del fatto che, se potevano solo vagamente funzionare nel
contesto (“caldo” e rivoluzionario, provocatorio) dell’opera di
Dennis Hopper, oggi tali scelte musicali apparirebbero ultra-datate
e, francamente, difficilmente digeribili.
Attestato cio’, ora potro’ fare un sano salto indietro nel tempo, al
fine di ricongiungermi al contenuto, sofferto romanticismo di Rick
Blaine / Humphrey Bogart ed alla sua impossibile storia d’amore con la
magnetica, inarrivabile Ilsa Lund Slaszlo / Ingrid Bergman, in un noto
nightclub marocchino…. E… per chiunque non l’abbia ancora capito, l’anno
era il 1942 e la pellicola (implicitamente citata) una certa…
“CASABLANCA”…
In fondo… romantico io son…